Questo è il quinto numero di Bomarscé – Storica rivista letteraria, dal 2020.

Esce ad aprile, un po’ perché aprile è un mese bellissimo, un po’ perché è un periodo di confine e proprio il confine è il tema cui è dedicato Bomarscé #5. Certe volte ad aprile è già piena primavera, altre l’inverno imperversa ancora. Ci sono anni in cui aprile parte lento, freddo e piovoso e finisce svelto, caldo e vivace; e altri anni in cui si apre primavera e si chiude gelido, con quell’espressione ferina: “il colpo di coda dell’inverno”. E ora, alziamo il livello ché del tempo abbiamo parlato già abbastanza.
Esiste un confine che si continua a valicare, una frontiera aperta, senza dogane, né barriere, un’area Schengen della teoria letteraria che ci piace abitare. In quel superbo saggio narrativo sulla scrittura, La poubelle agréée, Italo Calvino, imbevuto di strutturalismo, scriveva che “scrivere è dispossessarsi non meno che il buttar via” gli scarti quotidiani del cibo: ciò che rimane non è che la scrittura, cioè il linguaggio che si fa struttura. Insomma, l’autore non esiste, lo stile tanto meno: esiste la scrittura. Ma poi, contemporaneamente, il lettore letterario è sempre alla ricerca del soggetto, del “soggetto che si soggettivizza”, diceva Sartre, di un ordinatore se non di un creatore.
Nel bel saggio accademico, Le chaos ne produit pas de chefs-d’œuvre, Julia Kerninon, una delle più talentuose giovani scrittrici francesi, ci fa entrare nelle prassi degli scrittori del ‘900, mostrandoci quanto poco c’entri l’afflato di una musa nella creazione di un testo letterario. L’obiettivo di Kerninon non è certo smitizzare o banalizzare l’atto dello scrivere, ma anzi mostrarne le meccaniche, con il risultato di farci vedere il lavoro enorme della letteratura, il suo materialismo contro l’idealismo. Qui l’autore non solo esiste ma è il soggetto, ovvero l’attore che si fa da sé.
Ecco, sulla frontiera tra linguaggio-scrittura e autore-soggetto ci piace stare, andare un po’ di qua e un po’ di là.
Nelle pagine di Bomarscé #5 ci sono 12 racconti tra i più belli che abbiamo ricevuto da quando siamo nati: pensiamo siano un compendio di storie di confine affascinanti da attraversare. È decisamente un numero in forma: fotografe e fotografi, illustratrici e illustratori, erano in uno stato di grazia, come potete vedere. A loro abbiamo detto, diciamo e diremo sempre, grazie: siete insostituibili.
Infine, l’assurdamente bella copertina ci è stata donata da Ana Jarén, che evidentemente voleva a tutti i costi aggiungere Bomarscé al suo portfolio fatto, tra gli altri, da Washington Post, Netflix, Heineken, Fnac, Vogue.
Siamo stupiti ed estasiati dalla sua generosità tanto quanto voi. E ricolmi di gratitudine.

Insomma, buona lettura. Lo sarà.